Il termine plusvalenza denota una differenza positiva – in più (plus) – fra due valori. Non ogni differenza tra due valori
costituisce, tuttavia, una plusvalenza; perché essa si possa dare è necessario che siano soddisfatte due condizioni. In
primo luogo, i valori confrontati devono avere natura economica (non si può pertanto parlare di plusvalenza dell’Everest
rispetto al Monte Bianco, perché più alto), e in secondo luogo, devono essere riferiti a uno stesso bene (così non si può
dire che il prosciutto crudo è caratterizzato da plusvalenza rispetto al cotto, perché più caro). La plusvalenza è pertanto
la differenza positiva fra due misurazioni differenti del valore economico di uno stesso bene. Il concetto, per sua stessa
natura, è quindi essenzialmente contabile (cioè relativo alla tecnica del “contare”, cioè valutare i beni); in particolare, al
plurale – plusvalenze – costituisce una voce del conto economico.
Un’impresa realizza una plusvalenza quando vende un cespite a un prezzo superiore al valore netto iscritto in bilancio.
Può essere sia ordinaria che straordinaria, a seconda che l’operazione dalla quale origini rientri nella gestione ordinaria
ovvero straordinaria dell’impresa. Per esempio, la plusvalenza derivante dalla vendita di un camion che debba essere
sostituito con uno nuovo costituisce una fonte ordinaria di reddito e va iscritta sotto la voce del conto economico nel valore della produzione. Viceversa, l’alienazione di un intero impianto per cambiamento dell’attività d’impresa ovvero per ridimensionamento della stessa, va considerata plusvalenza straordinaria e quindi iscritta nella
voce .
Le plusvalenze derivano normalmente dalla cessione di attività immobilizzate, tuttavia in casi eccezionali possono derivare anche dalla cessione di elementi dell’attivo circolante. Un caso tipico in questo senso è la cessione di uno stock di
scorte di materie prime vendute a un prezzo superiore al valore netto contabile.
Analogo discorso vale per le cessioni che procurano all’impresa una perdita; in tal caso, tuttavia, si parla di minusvalenze. In simili circostanze, il cespite viene venduto a un prezzo inferiore al valore netto contabile.
A differenza delle plusvalenze, le minusvalenze possono derivare anche da svalutazioni contabili rese necessarie quando il valore netto iscritto nello stato patrimoniale non rappresenta il valore effettivo dell’attività.
Anche le minusvalenze, qualunque sia la loro origine, possono essere ordinarie o straordinarie e riguardare immobilizzazioni o attivo circolante.